Negli ultimi anni, numerosi studi, hanno evidenziato la stretta
correlazione esistente tra calo dell’udito e deficit cognitivi. Un’ampia ricerca ha evidenziato come, rispetto ad un gruppo di controllo di normoudenti, le persone affette da sordità di grado lieve, medio e grave abbiano rispettivamente una possibilità di 2, 3 o 5 volte maggiore di sviluppare deficit cognitivi. Anche se la causa che lega le due condizioni resta sconosciuta, i ricercatori suggeriscono l’ipotesi di una patologia comune; in alternativa, ipotizzano che gli sforzi necessari all’elaborazione di suoni, voci, rumori durante l’arco di vita potrebbero sovraccaricare il cervello delle persone affette da ipoacusia, rendendole maggiormente esposte all’insorgenza della demenza. Un’altra possibilità avanzata dai ricercatori è che l’ipoacusia possa generare isolamento familiare e sociale con tendenza alla depressione, fattore di rischio elevato e peraltro conclamato sia per la demenza sia per altri disturbi cognitivi.
I risultati delle ricerche suggeriscono che una
maggiore attenzione verso la prevenzione e l’identificazione precoce della sordità e, qualora ci siano le indicazioni, l’adozione di rimedi semplici, come per esempio l’uso degli
apparecchi acustici o
allenamento uditivo possano essere elementi di stimolazione cognitiva e, pertanto, rallentare l’insorgenza di deficit.